Biennale Italia – Cina
Prima Edizione della Biennale Italia – Cina
19 Ottobre 2012 a- 16 Dicembre 2012 presso la Villa Reale di Monza
NaturaLmente.
La dicotomia tra pensiero e natura.
“Il primo è il paradiso in cui la vita sulla terra è totalmente regolata dalla natura. Il secondo è il paradiso artificiale, sviluppato dall’intelligenza umana attraverso un processo che ha raggiunto oggi proporzioni globalizzanti. Questo paradiso è fatto di bisogni artificiali e di ogni altra forma di artificio. […] Il progetto del Terzo Paradiso consiste nel condurre l’artificio, cioè la scienza, la tecnologia, l’arte, la cultura, la politica, a restituire vita alla Terra.”
1(Michelangelo Pistoletto)
Dalle origini della civiltà fino all’epoca del Protocollo di Tokyo, la storia evolutiva (secondo alcuni addirittura involutiva) dell’umanità si è articolata attorno alla dicotomia uomo/natura. Tra le più antiche affermazioni del pensiero occidentale vi è quella di Platone, che designava l’uomo come un essere emancipatosi dallo stato di natura. Anche Lucrezio, alla fine del V libro del De rerum natura , descriveva il cammino umano come un percorso di mutamento dalla condizione ferina all’uso di invenzioni e conoscenze sempre più complesse.
Eppure, la dicotomia uomo/natura rappresenta una contrapposizione non priva di ambiguità. Secondo l’antropologo Philippe Descola, studioso dei modi di socializzazione della natura, con particolare riferimento all’Amazzonia, “a prima vista sembra che distinguere ciò che è natura da ciò che è cultura non ponga alcuna difficoltà. È naturale quello che nasce indipendentemente dall’azione umana, quello che è esistito prima dell’uomo ed esisterà anche dopo di lui, gli oceani, le montagne, l’atmosfera, le foreste. È culturale invece quanto prodotto dall’azione umana, che siano oggetti, o idee o, ancora, tutto ciò che si trova a metà strada tra gli oggetti e le idee, e che noi chiamiamo istituzioni: una lingua, la costituzione francese o il sistema scolastico, per esempio […] Tuttavia la distinzione non è sempre così semplice. “2
Consideriamo il caso del giardino all’italiana, che appare una perfetta commistione di natura e artificio. Qui le acque si confondono, perché ciò che è un prodotto indipendente dell’azione umana (piante e fiori), viene disciplinato secondo parametri culturali. Ora consideriamo l’esempio di un’opera d’arte di Damien Hirst, The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living (1989), che consiste in uno squalo collocato in una vasca di vetro e acciaio e sospeso in una soluzione di formaldeide. “In quest’opera”, scrive il filosofo Nigel Warburton, “a parte il titolo, c’è poco che la distingua da un esemplare zoologico, che potrebbe altrettanto essere esposto in un museo di storia naturale ”3.
Eppure, The Physical Impossibility of Death è considerata a tutti gli effetti un’opera d’arte e Hirst uno dei più importanti artisti britannici. Non solo, la classificazione tra ciò che è naturale e artificiale è quanto mai incerta nell’ambito della cultura delle società tecnologicamente avanzate, ma è anche soggetta a sostanziali variazioni quando si mettono a confronto individui e gruppi appartenenti a culture diverse. Ad esempio, nelle religioni animistiche, in cui è frequente l’attribuzione di qualità divine o soprannaturali anche a animali, cose e perfino luoghi, non viene fatta alcuna distinzione tra natura e cultura. Semplicemente, dove vige una diversa concezione del cosmo, questa dicotomia non sussiste.
Quel che è certo, piuttosto, è che nelle civiltà avanzate la separazione netta tra natura e cultura è basata sulla percezione di una fondamentale alterità dell’ambiente rispetto all’uomo, una sorta di cesoia ontologica, che presuppone una disparità di condizioni e quindi di diritti. Nel nostro modo di concepire il mondo, un oggetto inanimato, ma anche un animale non occupano lo stesso grado gerarchico. L’uomo evoluto, civilizzato, è dissociato rispetto all’universo circostante, poiché non riconosce la fondamentale reciprocità degli elementi che compongono la totalità della natura.
Lo sviluppo del pensiero, l’evoluzione tecnologica, in una parola la cultura, hanno un ruolo importante nel processo e nella definizione stessa della dicotomia tra natura e artificio. “Quando noi affermiamo che il nostro mondo si compone di entità naturali, di uomini e di oggetti inanimati ”, scrive ancora Philippe Descola, “enunciamo i principi di una cosmologia particolare, la nostra. Altri popoli non stabiliscono questa distinzione e vedono il mondo secondo altre cosmologie. La nostra cosmologia ha reso possibile la scienza, ma è necessario comprendere che questa cosmologia non è in sé il prodotto di un’attività scientifica, È un modo di distribuire le entità del mondo che è nato in una certa epoca e che ha permesso alle scienze di svilupparsi ”4.
[…]
Ivan Quaroni
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