Alcune domande parte 1
di nadia stefanel
Il tuo legame con il disegno rinascimentale e’ indiscusso, l’influenza dei grandi artisti del ‘500 pulsa nelle tue creazioni, quale e’ esattamente il rapporto nel tuo fare artistico tra il passato e il presente? Ci sono tue opere già della fine degli anni 70 (inremeabilis error, riannunciazione di un’ annunciazione) in cui trasformi questa ” contraddizione ” positiva e unica del tuo lavoro in qualcosa di nuovo, in che modo e’ accaduto e accade ancora tutto questo?
La storia dell’arte genera storia dell’arte. È’ un “ossimoro” che si morde la coda. Per quanto apparentemente tutto si allontani dall’origine, questa ritorna sempre sotto forme e linguaggi differenti ripetendo il rito dei miti e delle contrapposizioni , nelle pulsioni di vita o morte, ” Eros/Ghenos/ Thanatos “. Ho attraversato la storia dell’arte senza cercarla in quanto la storia già esisteva in me, il resto lo ha fatto il presente alla fermata della prossima metropolitana o al gate del prossimo aeroporto. Omar Galliani , Freccia Argento Venezia/ Bologna 6 marzo 2013.
Alcune parole chiave della poetica degli ultimi 15 anni sono: oriente e occidente, il loro divario, ma che diventa anche importante scambio di esperienze. Cosa e’ presente nelle tue opere di quel mondo e cosa invece trasferisci tu nella cultura di quei luoghi durante i tuoi viaggi?
La prima personale a Pechino l’ho fatta nel 2010, da allora ho realizzato tra Cina, Corea, Giappone una ventina di eventi tra musei e gallerie private. All’inizio non mi accorgevo delle contaminazioni che accumulavo in quei viaggi, nell’incontrare artisti, viaggiare all’interno di geografie sterminate tra megalopoli e templi sospesi tra passato e futuro. Nel mio lavoro da sempre l’uso della carta e inchiostro di kina ha avuto un ruolo fondamentale ( “Le tue macchie nei miei occhi”, Aperto 82 Biennale di Venezia) Con questa tecnica ho realizzato opere di dimensioni esagerate e a quel pubblico e curatori e’ piaciuta questa contaminazione tra disegno d’occidente e d’Oriente. L’ultima personale al CAFA Museum di Pechino ha visto oltre alle opere inviate dall’Italia 2 nuove grandi opere realizzate direttamente sulle pareti del nuovo museo di Isozaki. Il rapporto con l’Oriente passa attraverso una “linea” sottile che avvicina e allontana due geografie, due storie.
Hai fatto mille viaggi in luoghi lontani, esotici e non, ma sempre con carta e matita, un modo per fissare suggestioni, pensieri, appunti, eseguire disegni, proprio come facevano i grandi viaggiatori del passato con i cahiers. Hai usato mille carte diverse, mille pigmenti o matite.. Quale viaggio fra i tanti che hai fatto e’ stato più stimolante o emotivamente più intenso?
I taccuini di viaggio me li porto da casa o li acquisto sul posto. Se penso ad un quaderno in particolare sfoglio mentalmente uno dei quaderni disegnati in India a Trivandrum, Kerala. Comprato a Cochin dove i portoghesi hanno avuto una loro colonia fino a metà novecento. Questo quaderno rilegato in pelle traforata contiene almeno 50 disegni realizzati ad inchiostro su carta di seta e riso. A Trivandrum la natura e’ la sola iconografia del luogo, pochi i i templi, ma soltanto acqua, canali, fiori. Questo paesaggio degli occhi e dell’anima ha cambiato la mia percezione delle cose, entrando nel mio lavoro in silenzio, senza bruschi cambiamenti. È’ un assunzione omeopatica dei segni che attraversa geografie altrimenti non assimilabili .
Come tutti gli artisti le tue creazioni sono come grandi amori, che vivono in te; le crei, le vedi realizzarsi e, credo, quando si allontanano da te (per esposizioni o collezionisti) ne soffri.. Come hai pertanto vissuto l’esperienza dell’incendio del Maga che ospitava una tua importante antologica?
Quando mi hanno chiamato al telefono per dirmi che stava bruciando il “Maga” di Gallarate con dentro le mie opere sono rimasto a lungo incredulo e per qualche ora ho pensato che non poteva essere vero . La stessa sensazione che puoi provare davanti ad una notizia che riguarda un incidente grave ad una persona a te cara. L’ unica opera o l’intera mostra non cambia , è la sensazione sgradevole che offendano “qualcuno /qualcosa” distante da te ma che ti appartiene anche se poi l’opera non è più tua ed è di un museo o di un collezionista. Il supporto reciso, la ferita inferta all’opera ne muta l’aspetto o ce la restituisce diversa. Di questa diversità possiamo accettare la sua irriproducibilità ma non la sua ferita. A volte le opere naturalmente, fisicamente cambiano assumendo colori differenti se esposte alla luce del sole o un agente esterno inavvertitamente ne muta l’aspetto, ne accettiamo comunque la mutazione. La storia dell’arte e’ piena di opere in cui la “casualità ” ne ha aumentato il fascino o il destino estetico. È’ grave quando questo passaggio viene inflitto all’opera da eventi o persone distanti o sconosciute al nostro “fare”. Come un libro che brucia ci sottrae conoscenza o passione così l’opera d’arte annullandosi ci lascia il vuoto del tempo, del nostro tempo, del tuo tempo.
Negli ultimi anni hai sperimentato molti mercati stranieri, dalla Cina alla Russia a Istanbul. Quali sono per un artista le prospettive che in Italia invece non riesce più a trovare?
Mi chiedi perché andiamo in Asia in cerca di spazi, affermazione,mercato!? Perché un tempo esistevano imperi che poi si sono dissolti? Egitto, Grecia, Roma ecc. Tutto è ciclico, credevamo di avere per sempre in pugno il mondo ma non e’ così! Se vai a Ninghbo / Cina (14 milioni di anime e un nuovo museo da urlo dove esporrò prossimamente) e chiedi se conoscono l’Arte povera Italiana o l’arte concettuale europea ti guardano esterrefatti. Moltiplica Ninghbo per circa altre 200 città di queste dimensioni e capirai cosa vuol dire la geografia oggi e il suo rapido evolversi culturale. In Cina ho trovato curiosità , domande, inviti continui al mio lavoro che in Italia o in Europa non trovo. Il sito d’Arte Artron ha 300.000 visitatori al giorno, la mia mostra al CAFA di Pechino e’ rimasta postata nel sito per 28 giorni, fai un calcolo in quanti l’avranno vista. E poi fondamentalmente mi piace viaggiare con il mio lavoro.
Stiamo vivendo la crisi economica più grave dal dopoguerra, i mercati sono sotto assedio, siamo in emergenza, la cultura e’ bistrattata ed impoverita. Manca un respiro ed una visione verso il futuro, cosa consiglieresti ad un giovane artista che si affaccia ora sul mondo dell’arte?
Se l’economia è in crisi non è detto che la ricerca artistica lo sia. Certamente il “sistema” arte /economia ha generato dei mostri che oggi come nell’estinzione dei dinosauri nel giurassico ha provocato un cambiamento radicale dell’asse terrestre. Diciamo allora che purtroppo l’arte negli ultimi decenni ha beneficiato troppo spesso di facili lusinghe e abbagli pensando da parte di chi ne sosteneva le parti economiche e critiche che l’opera facesse parte soltanto dei consumi non considerando purtroppo le attese del collezionista o delle istituzioni sul loro investimento futuro. Detto questo, cosa potrei consigliare ad un giovane artista che intende iniziare questo viaggio?
1) non pensare alle mostre
2) non pensare alla critica
3) non pensare alla stampa web o cartacea
4) frequentare i musei 5) leggere dei libri d’arte, filosofia, poesia ,ascoltare buona musica, non iscriversi alle Accademie di belle arti, frequentare gli Aristide, non fare mostre a pagamento
5) cercare se stessi se ancora si “esiste” e si riesce a resistere
6 ) fare qualsiasi lavoro per potersi permettere quel grande lusso che e’ la ” creazione “