La stanza ha 4 pareti
di Omar Galliani
La stanza ha quattro pareti e un buco profondo nel pavimento, se accostate l’orecchio ascolterete delle melodie di canna. La stanza ha un foglio nell’occhio che gli dà fastidio; il foglio bianco ha uno spillo d’acciaio conficcato nel labbro superiore e sgorga grafite. La stanza inoltre ha una curva di luce nel mezzo e un vibrare metallico. Il braccio d’acciaio ha però tendini robusti ma elastici e tenta disperatamente di vincere il duello col disegno, per la supremazia del foglio. Lo sforzo è assai grave anche perché il tutto è ancorato a un assaggio di pietra e ovatta. L’uovo nel frattempo attende l’evento con mirabile fierezza e sembra non curarsi della propria fragilità. Tutta l’installazione sospira e l’uovo respira attraverso i suoi piccoli pori, alimentando fragili membrane di vita. Dall’alto, con la spada, l’ angelo minaccia di strapparmi il foglio e infliggere il colpo fatale all’embrione; ma la stanza disperatamente conserva l’aria che ha attorno, con la speranza che il braccio resista e il foglio non scivoli, tagliato, sul pavimento. La gravità è momentaneamente sospesa tra la minacciosità della spada e la fragilità del guscio che attende, ma il foglio resiste e non ne permette la lacerazione. Resta soltanto la pericolosità della vibrazione, l’imminenza del taglio risolutore che vanifichi definitivamente il messaggio, con un colpo vigoroso e asciutto, senza esitazione, implacabile. Forse dovremmo chiederci se il centro esista come punto di notte, distante, profondo, dal momento che l’esplosione è nata in quel centro e anche perché ora attorno a quel buco vagano meteore di carta e grafite. L’attraversamento dello specchio con la relativa concentrazione esplosiva è avvenuta, ci troviamo ora con il corpo al di là e al di qua del soggetto grazie all’efferatezza della lama. Il cordone ombelicale che ci legava alla storia è così reciso, ma resta sospeso a una vibrazione sottile e costante, a un filo d’energia sospesa, rettilinea.Le ciglia della stanza si sono così rinchiuse su se stesse e attendono ora il silenzio notturno o l’urlo del risveglio, a noi resta soltanto l’angoscia della veglia. Nel sonno del foglio risiedono i languori del soggetto, le alchimie della contempla-zione, a noi resta soltanto il vagare ciechi e a tentoni, con il palmo della mano girato contro la parete nella vana ricerca del bordo che ci indichi l’avvicinarsi del foglio. La mano ha finalmente raggiunto il margine e scorre ora la superficie senza volto, senza luce. La speranza nel riverbero luminoso mi ha incollato al foglio, senza pausa, senza respiro, qualche ora dopo ho rivisto il disegno, ho riletto il percorso, mí sono affidato alla lama nel suo agitarsi sinuoso ma sicuro, lungo il suo percorso, legatomi alla sua spada.